13 Settembre 2017

25 anni di Charta

Girare tra librerie, mercatini e nelle botteghe di cose antiche e moderne, appassiona non solo i collezionisti e gli studiosi, ma tutte le persone che cercano l’insolito, la sorpresa, l’incontro con memorie differenti e storie lontane, a volte magiche, altre perturbanti. In questo senso Charta da sempre con raffinatezza tradisce il suo sottotitolo: antiquariato, collezionismo, mercato. Di mercato si parla poco, di collezionismo in modo gentile, di antiquariato implicitamente. Ma allora di che cosa si parla in questa rivista che da venticinque anni rap- presenta un caso unico nella piccola editoria italiana di qualità? Dell’amore per i libri innanzitutto e poi per tutto quel che di cui la carta sa raccontare: letteratura, storia della stampa e della grafica, stranezze da amatori, come cartoline del pesce d’aprile o cartine delle arance, lettere e biografie, storia della posta, aste, cataloghi, biblioteche, archivi, og- getti grafici, oggetti digitali…
I centocinquanta numeri di Charta sono a loro volta le finestre di un saliscendi piranesiano, storie che rimandano ad altre storie, ad altri racconti, ad altre carte. Non se lo immaginava Vittoria de Buzzaccarini di ricevere quella telefonata alle sette di mattina di un giorno di primavera del 1992: “A quel tempo lavoravo per Celestino Zanfi, una cara persona, un amico, uno straordinario editore di Modena che oggi purtroppo non c’è più. In occasione di questo venticinquesimo a me piace ricordarlo come se fosse ancora vivo, qui accanto a me, e non è detto che non sia il suo ricordo a ispirarmi sempre nuovi progetti. Era un uomo né alto né basso, magro, con degli occhi scuri vivacis- simi, una voce con un chiaro accento modenese, ed era pacato, sereno, anche quando s’imbufaliva… mai con me. Aveva messo al mondo cinque figli, non possedeva una cultura accademica ma un notevole intuito e una sensibilità particolare. Per lui dirigevo una collana di libri di moda. Aveva l’abitudine di chiamarmi alle sette di mattina. Fu in una di quelle conversazioni che con il suo tono gentilissimo mi disse: Vittoria, mi piacerebbe che tu mettessi in piedi una rivista di antiquariato dedicata alla carta. Pensaci. Una settimana dopo mi richiamò e mise a tacere ogni mia perplessità: Il tuo lavoro futuro è questo. Da subito coinvolsi in questa avventura anche uno dei miei due fgli, Francesco Rapazzini, giornalista e scrittore, e creai la sede veneziana della redazione alla Giudecca. Ma l’incipit non fu dei migliori. Forte della mia inesperienza, sbagliai il layout della copertina. Ce ne accorgemmo in fase di stampa che presentava un’anta in più. Ma ormai era tardi per cambiare e quello che era un errore donò una certa originalità all’edizione. Poi nel giugno del 1999 raccolsi il secondo invito di Zanfi, quello di diventare editore e di portare avanti in modo autonomo l’avventura di Charta. Fu così che diventai editore per caso e non me non sono mai pentita, pur tra le mille difficoltà che una piccola casa editrice deve saper affrontare. Fondai Nova Charta e con il numero 40 iniziò la sua seconda vita: la foliazione con il tempo passò da 80 pagine a 96, e nel 2002, in concomitanza con i dieci anni della rivista, presentammo il restyling a Milano con lo scrittore Guido Vergani. Credo sia inimmaginabile un mondo senza carta, solo questo mondo lascia delle tracce per quelli che verranno, percorsi indipendenti da batterie e cavi elettrici”. È un mondo che Vittoria de Buzzaccarini ha voluto somigliasse a lei, sorridente, ironico, accogliente, eclettico e pieno di libri come le sue case. In Charta gli approfondimenti non sono mai banali, rivelano sempre una luce improvvisa, un’inclinazione diversa, una prospettiva nascosta. Per esempio nel numero 91, in cui si parla tra le altre cose dell’arte dei giardini inglesi, della letteratura all’Indice nel Cinquecento, dello zoo di Grandville, Hans Tuzzi (nom de plume di Adriano Bon) in un articolo dedicato ai collezionisti scrive: “A noi non è giunta ‘una collezione Chatwin’ solo perché egli non poteva permettersi gli acquisti che faceva. Gli antiquari fingevano di vendere, la moglie restituiva le opere d’arte una volta che Bruce se ne era dimenticato. Possediamo però alcune testimonianze. In un solo giorno acquistò in rapida successione, per un totale di 250mila sterline, un bracciale dell’Età del Bronzo, una testa etrusca, un pugnale preistorico in giada, un’ascia vichinga e un copricapo delle isole Aleutine. Sappiamo poi di un’anatra assira in quarzo; della Malinconia di Michelangelo di Giorgio Ghisi; di una pagina calligrafica isla- mica del XII secolo attribuita a Bay-sunghur, figlio di Tamerlano; di tessuti antichi; e ancora: un altare portativo mitteleuropeo del XII secolo, un calamaio Han in tartaruga, icone, abiti antichi, arazzi medievali, un acquerello di Cezanne, e del progetto di acquistare incunaboli”.  Qualche incunabolo c’è al 671 della Giudecca, porta verde scuro e facciata gialla, sede della redazione veneziana di Charta. Colpiscono, oltre ai libri, la vista che dalle finestre spazia su un’acqua mai uguale, e poi sullo spartito colorato e irregolare delle Zatte- re. All’interno un simpatico viavai di cani, Pimpa, Kant e la Mirca, salvati dalle gabbie del canile municipale, un giardino che tra rane di bronzo, campane tibetane, rose, calle, limoni e gigli, e il placido sonno di Isabeau, una splendida gatta British Shorthair, permetterebbe anche al redattore meno ispirato di ritrovare la strada di un racconto incagliato, di evitare una falsa partenza. In questa fucina si sono alternati vari artigiani che dal 1999 hanno curato ogni dettaglio di Charta. Fra essi Francesco Rapazzini, presente dal primo numero come collaboratore, e poi dal numero 40 come direttore responsabile. Autore di ritratti fulminei e profondi che presentano fotografi, artisti, editori, ama ricordare una delle sue prime intervi- ste, quella ad Albert Bagno: “Come laboratorio una piccola soffitta. Come panorama la pianura della Brianza. Come attrezzi del mestiere carta, cartoncino, cartone, forbici (italiane, che sono le più leggere), graffette e colla. Per Albert Bagno, nato a Parigi e dal 1974 in Italia, essere marionettista è un mestiere. Una professione che ama e che lo porta ad esibirsi in tutti i maggiori festival del mondo. Ma tutto, e per tutto intendiamo marionette, proscenio e scenografia, è rigorosamente in carta. Colorata e bianca. Carta che Albert taglia e incolla con una rapidità sorprendente. Con una fantasia eccezionale. Con una maestria consumata. La carta, per Albert Bagno, “…è memoria, anche se è bianca. È un elemento caldo, piacevole al tatto, che mi ispira e mi suggerisce azioni e espressioni. Ho lavorato con tutti i materiali ma è sempre lei che mi trasporta sentimentalmente’. Mentre lo intervisto apre i suoi bauli in soffitta pieni dei suoi personaggi. Ecco l’armatura, ecco zio Salomon e la Principessa Sky, c’è anche il violinista di Chagall, e poi, ancora, la zia Mimè, il re Jaghelon di Polonia, il cavallo, il gatto nero”. Amano i gatti anche altri due protagonisti della lunga stagione veneziana di Charta il redattore e art director Andrea De Porti e l’editor Eleonora Menadeo: “Quando pensiamo a Charta, pensiamo a una rivista che è diventata un luogo di storie, una famiglia allargata nella quale i lettori cercano alcune firme più di altre. Proprio come accade nelle riunioni di famiglia, quando ci sentiamo più vicini a un nipote, a una zia, invece che a un’altra. Siamo molto affezionati a ogni copertina, il che non vuol dire che non ci siano state in questi anni accese discussioni per alcune scelte, ma fa parte della vita di una redazione. Dal punto di vista grafico nei primi numeri l’intento era prevalentemente documentario, in seguito abbiamo privilegiato l’impatto estetico attraverso un’accurata ricerca iconografica fra i materiali del Novecento. Un vestito che asseconda i gusti del lettore più sofisticato, che unisce la profondità dei suoi interessi intellettuali all’attenzione per la forma che è tipica del bibliofilo. Charta è un’enciclopedia in miniatura, che cerca di gestire con eleganza una notevole mole di contenuti. A questo proposito va segnalata la creazione di Charta Geographica, uno spin off favorito dall’abbondanza dei contributi e delle proposte che arrivavano in redazione e che riguardavano le carte geografiche. Uscirono solo tre numeri , l’88, il ’90 e il ’93, fu un esperimento che ci appassionò e che forse potrebbe trovare nuove strade.

Per dare un’idea dei contenuti ricordiamo i titoli di alcuni articoli: Il fantomatico Monte Toro; Le edizioni veneziane della Geographia di Tolomeo; Il mappamondo di Giovanni Leardo e la lettera del Prete Gianni; Mirabilia Indiae, Gli atlanti nautici di Angelo Freducci, La carto- gra a digitale in rete, Miraggio sul Danubio. Con il tempo la rivista si è strutturata, in particolare con la condirezione editoriale di Mauro Chiabrando nel 2009, i collaboratori hanno assunto una dignità particolare. A tutti loro dobbiamo la ricchezza e l’esistenza della rivista e delle rubriche che si sono alternate fra le sue pagine: Per la prima volta tradotto, Lo specchio della biblioteca, L’angolo del leone, Ultima Thule, Cataloghi e idee, Bibliocartomania, Autografi, Calligrafia, Sul web, La carta non è stanca”.

Autore di una di quelle rubriche,  L’angolo del Leone, e amico di Charta di lunga data, è l’attuale direttore scientifico della rivista, Alessandro Scarsella, bibliofilo ormai incallito e storico del libro e della lettura, che insegna Letterature comparate all’Università Ca’Foscari di Venezia e che ha tenuto a battesimo il numero 151: “La nostra intenzione è quella di allargare il quadro tematico e l’orizzonte culturale, anche con un’offerta più vivace sul web. Un altro aspetto che andrà tutelato nel rinnovare la lezione di Charta sarà la capacità di generare situazioni aggreganti e occasioni di partecipazione, come le Cattedre ambulanti (corsi tematici extravagantes su manoscritto, libro antico, incisioni, libri d’artista) in conformità alla natura stessa della scrittura e della stampa”.

Si deve a lui la costituzione di un comitato scientifico particolarmente rappresentativo composto da: Carlo Bordoni (sociologia della lettura), Chiara Callegari (illustrazioni e stam- pe), Dino Casagrande (storia del libro), Pasquale Di Palmo (Otto-Novecento), Claudio Gallo (storia del fumetto), Marco Guardo (discipline del libro) Elisabetta Gulli Grigioni (oggetti e documenti grafici), Marco Menato (Cinquecento), Paola Mollo (ebraistica), Alberto Persico (calendari e almanacchi), Pietro Scapecchi (incunabolistica), Vladimiro Valerio (cartografia), Pier Luigi Vercesi (editoria e comunicazione), Simone Volpato (bibliografia), Giovanna Zaga nelli (immagine e testo).
I link, le direzioni, le mappe, i per- corsi si moltiplicano di carta in carta ma non riusciremo a sfogliarli tutti. Se la copertina dedicata a Mary Poppins, che rinvia all’articolo dedicato alla sua autrice Pamela Lyndon Travers e alle diverse edizioni della tata più supercalifragilistichespiralidosa, inviterebbe a svolazzanti divagazioni, è con l’articolo dedicato alla biblioteca di Umberto Eco, comparso nel numero 145, che ci avviamo a chiudere la nostra passeggiata, perché Eco è stato anche collezionista insigne ed estimatore dichiarato di Charta e di Alumina, l’altra rivista, dedicata ai codici miniati, che Nova Charta pubblica dal 2003. Scrive Frans A. Janssen in Charta n. 145: “…Vidi [nella biblioteca di Eco, ndr], tra gli altri, la prima edizione del Poliphilo di Francesco Colonna, stampato nel 1499 a Venezia dallo stampatore umanista Aldus Manu- tius (nelle valutazioni popolari si legge ‘il libro più raffinato mai stampato’); la versione originale della Cronaca di Norimberga di Hartmann Schedel, che uscì nel 1493 a Nürn- berg, e l’edizione latina del Viaggio in Terra Santa di Bernhard von Breidenbach del 1486 e…”
Voglia di viaggiare e trovare quello non ti aspetti mentre cerchi altro, Charta da venticinque anni si sfoglia anche così.

foto: Vittoria de Buzzaccarini

 

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