10 Maggio 2019

Open books, open minds

Sharjah (Sciargia) è una cittadina degli Emirati Arabi, che al Salone del Libro di Torino presenta le sue numerose iniziative editoriali all’insegna dello slogan Open Books, Open Minds. E se passi da quelle parti insieme ai libri ci sono dei dolcetti rettangolari fatti di datteri e mandorle in una carta color panna e nastrini d’oro. Accanto una Sala Rosa (le hanno divise per colori) dove lo straordinario progetto Salviamo un Codice della casa editrice veneziana Nova Charta racconta di come antiche scritture tornino a vivere nelle mani di chi pensa che abbiano ancora molto da raccontare, una collana che dai disegni giotteschi di un antico cauterio padovano, tocca le accese miniatiure del Codice Sforza scritto da un giovane Ludovico il Moro o gli schizzi dello Scamozzi in viaggio da Parigi a Venezia. Al padiglione 3, gli “spacciatori di libri”, lo stand del libraio, scrittore, editore napoletano Rosario Esposito La Rossa che ha aperto una libreria a Scampia e che propone libri impegnati sulla camorra e libri a sorpresa, “ti devi lasciar attirare solo dal titolo, non sai quello che troverai dentro”, il kit Insomnia con tanto di tisana per i lettori di noir e il kit Bookatini: libro + bucatini + pelati. Poi strada facendo ti accorgi anche di qualcosa che non va. La Sala Granata alle 16 per l’incontro con Alessandro Barbero diventa “una sala con il burqa”, gli ingressi vengono chiusi con delle tende di velluto, quelli rimasti fuori accostano le orecchie al muro di stoffa, eppure dentro spazio ce n’è. Divieto d’ingresso anche per una persona in carrozzella. Scene che non ti aspetti. Per fortuna dopo varie proteste i volontari della manifestazione lo lasciano entrare. Gli addetti alla sicurezza invocano la legge, solo posti a sedere, ma si dimenticano il buon senso. Meno male che alla fine della giornata Paolo Rumiz allo spazio Robinson di Repubblica mette le cose a posto. Racconta di un filo che collega l’Europa, degli abati dei monasteri benedettini, di una regola che non è solo ora et labora, ma labora e vivi con letizia, di uno zelo dolce, di una liturgia dell’accoglienza che che è fatta di sorrisi e di porte che si aprono, e di un sacro che è suono…di un canto gregoriano, del fragore dell’anima nel silenzio, del vento che soffia sullle piante di senape del deserto della Palestina.

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