Seguire i bordi, camminare sospesi su bolle scavate dall’acqua, sentire l’alito di caverne primordiali, camminare sopra necropoli paleocristiane, stupire mentre l’unghia sgretola l’architettura di sassi. Città friabile Matera, materia porosa, ma anche mater, madre di generazioni di pastori e contadini. I loro volti disegnati come radici e la loro vita ancestrale nelle grotte colpirono nel profondo Carlo Levi, che raccontò al mondo come in Italia Cristo si fosse fermato a Eboli (1944), a nord di Matera. Una questione meridionale mai risolta, uno dei tabù del potere politico.

Luogo di silenzi e di salite verso quel che da lontano pare raggiungibile, ma che a uno sguardo più intimo rivela passi esposti, ponti nel vuoto, incolmabili lacune e universi nascosti nei massi di calcarenite, amalgama festosa di conchiglie (la Murgia), alghe, pesci, annuncio del mare e dei suoi infiniti racconti.

Città patrimonio Unesco nel 1993, Capitale della Cultura nel2019, da qualche tempo ospita una mostra diffusa su Dalì che scompagina la percezione prospettica delle piazze con le sue sculture: l’Elefante trampoliere, Il pianoforte danzante e Il cavallo con l’orologio a molle di fronte all’avveniristica stazione centrale firmata da Stefano Boeri, eppure l’alta velocità resta ancora oggi un’utopia e bisogna prendere l’autobus.

Paesaggio di sperimentazione urbanistica e sociale con lo zoning rovesciato dei “sassi”, prima svuotati con una legge speciale e oggi venduti e affittati a peso d’oro. E teatro di un cohousing ante litteram, sulle tracce delle buone pratiche di vicinato dei primi del Novecento, voluto negli anni Cinquanta da Adriano Olivetti e architetti come Carlo Aymonino e Ludovico Quaroni.

Ma è quando le starai di fronte, tra le chiese rupestri e le nivere della Murgia, nell’ora in cui il sole si congeda per lasciare lo scettro alla luna, con il vento di tramontana che ti soffia sulla faccia, che sentirai accanto a te la bellezza.

Matera, 20 agosto 2021