Cosa facciamo

Offriamo a privati, enti pubblici e aziende, la possibilitĂ  di trovare la voce e lo stile per raccontare la propria storia.

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Due parole sulle parole 🙂

Tutto quel che vuole, sissignore, ma sono le parole che cantano, che salgono e scendono…Mi inchino dinanzi a loro…Le amo, mi ci aggrappo, le inseguo, le mordo, le frantumo…Amo tanto le parole…Quelle inaspettate…Quelle che si aspettano golosamente, si spiano, finchĂ© a un tratto cadono…Vocaboli amati…Brillano come pietre preziose, saltano come pesci d’argento, sono spuma, filo, metallo, rugiada…Inseguo alcune parole…Sono tanto belle che le voglio mettere tutte nella mia poesia…Le afferro al volo, quando se ne vanno ronzando, le catturo, le pulisco, le sguscio, mi preparo davanti il piatto, le sento cristalline, vibranti, eburnee, vegetali, oleose, come frutti, come alghe, come agate, come olive…E allora le rivolto, le agito, me le bevo, me le divoro, le mastico, le vesto a festa, le libero…Le lascio come stalattiti nella mia poesia, come pezzetti di legno brunito, come carbone, come relitti di naufragio, regali dell’onda…Tutto sta nella parola…Tutta un’idea cambia perchè una parola è stata cambiata di posto, o perchè un’altra si è seduta come una reginetta dentro una frase che non l’aspettava e che le obbedì…Hanno ombra, trasparenza, peso, piume, capelli, hanno tutto ciò che si andò loro aggiungendo da tanto rotolare per il fiume, da tanto trasmigrare di patria, da tanto essere radici…Sono antichissime e recentissime…Vivono nel feretro nascosto e nel fiore appena sbocciato…

Pablo Neruda, Confesso che ho vissuto

 

Due parole sulla scrittura 🙂

“Quel che m’interessava era di restare al mio tavolo a scrivere storie, perchĂ© io ho un’immaginazione prodigiosa alla quale non riesco a mettere freno, una cosa che s’impossessa di me e mi obbliga a inventare storie, storie di tutti i tipi, tragiche, comiche , drammatiche, allegre, superficiali, profonde, e quando la mia immaginazione si scatena quasi non posso piĂą vivere, comincio a sudare, mi sento male, m’inquieto, mi stranisco, resto lì a pensare alle mie storie, non c’è posto per null’altro.”

Antonio Tabucchi, Requiem

“Socrate: Talvolta mi sembra che la nostra anima assomigli a un libro.
Protarco: E come?
Socrate: Mi sembra che la memoria, combinandosi insieme alle sensazioni, e quelle disposizioni dell’anima, che si verificano in questa situazione, talvolta scrivano quasi delle parole nella nostra anima: e quando viene scritto il vero, accade che in noi vi siano opinioni vere e veri discorsi, ma se questo scrivàno che è dentro di noi scrive il falso, deriveranno cose opposte alla verità .
Protarco: Certo, mi pare sia così, e accetto le tue parole.
Socrate: Devi però ammettere che anche un altro artefice si trova in quel caso nelle nostre anime.
Protarco: E chi è?
Socrate: Un pittore, che dopo lo scriba ritrae nell’anima una rappresentazione di quelle cose che sono state dette.
Protarco: Come e in quale momento diciamo che vi sia questo artefice?
Socrate: Quando, conducendo lontano dalla vista o da qualche altra sensazione l’oggetto delle opinioni e dei discorsi di un tempo, uno vede dentro di sé le immagini di ciò che è stato pensato o detto. Non avviene forse così dentro di noi?
Protarco: Ma certamente.”

Platone, Filebo

 

“La scrittura è precisamente questo compromesso tra una libertà e un ricordo, è quella libertà piena di ricordi che non è libertà se non nell’attimo della scelta, ma già non più nella sua durata.
Io oggi posso senz’altro scegliermi tale o talaltra scrittura e in questo gesto affermare la mia libertà, aspirare a una freschezza o a una tradizione, ma io non posso già più svilupparla in una durata senza diventare, a poco a poco, prigioniero delle parole altrui e addirittura delle mie. Un residuo ostinato, derivato da tutte le scritture precedenti e dallo stesso passato della mia propria scrittura, copre l’attuale voce delle mie parole. Ogni traccia scritta precipita come un elemento chimico dapprima trasparente, neutro e anodino, nel quale la sola durata fa a poco a poco  apparire tutto un passato in sospensione, tutta una crittografia sempre più densa.”

Roland Barthes, Il grado zero della scrittura

 

Due parole sullo storytelling 🙂

Storytelling  si potrebbe tradurre con “raccontare storie”, in realtà raccontare storie come fa Sherazade o raccontarsi storie come fa Don Chisciotte serve a sopravvivere e a vivere; la storia raccontata accanto al focolare o all’amico aiuta a riconoscerci prima ancora che ad intrattenerci.

Lo storytelling, invece, serve a vendere (in questo senso diventa storyselling), a fare in modo che attraverso un racconto, una storia, uno non si dimentichi di quella marca, anzi se ne “innamori” e la compri.

Lo storytelling è una leva del marketing con basi neuroscientifiche: il racconto attiverebbe le aree del cervello che sono coinvolte nell’azione e sarebbe facilmente memorizzabile. Spesso la storia raccontata non è paragonabile, per struttura, a una favola o a un’avventura. La marca tende, nelle forme più diverse, dallo spot alle iniziative sui social, a coinvolgere i consumatori facendoli diventare fan, compagni di viaggio, protagonisti di un mondo.